Fra noi paciclici forse è scontato, ma tanto vale rimanga scritto un pensiero per la morte di Weylandt al Giro. Che ci tocca da vicino, nonostante la distanza che possiamo sentire dal ciclismo professionistico, proprio per le circostanze in cui è avvenuta. Su una strada qualsiasi, in discesa. Una banale distrazione e sei a terra, a una velocità che può essere fatale. Può capitare in una tappa del Giro come in una delle nostre «pedalate d'impegno civile», dove anche senza l'assillo del cronometro ci sta di rifarci della fatica col piacere di una veloce discesa.

Le insidie della strada e la fragilità della bici sono praticamente le stesse ed è questo che conta, nel farci sentire particolarmente commossi per la sorte di Weylandt. Più delle regole d'ingaggio anche spietate imposte al ciclista professionista che ce lo rendono spesso distante, conta la bici. Questo mezzo disarmato che richiede fatica e si muove fra la gente sulle strade di tutti, al di là di qualsiasi modalità d'impiego, porta in sé un messaggio di umanità che è quello che ci interessa.

Gino Ferri, redazione di paciclica.it



documentazione GDPR - normativa europea sulla Privacy  -  Informativa estesa cookie
Statistiche