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in foto: Diga del Vajont 2015 col Comitato di Cittadini per la Memoria del Vajont

 

 

 

Alessandro Schiavi (meglio conosciuto come Alex Viaggiatore) con Alberto, Fabio e auto-Luca (!) hanno creato questo bellissimo reportage dalla diga del Vajont. Vi invitiamo a leggerlo, merita davvero.

 

La bicicletta è pronta, è la solita che mi accompagna dal 2009 verso quella valle.
palombarataÈ robusta e nelle borse c’è tutto l’occorrente per questo viaggio compreso l’abbigliamento da pioggia, le previsioni non hanno dato speranza, pioverà.
Quest’anno siamo in pochi a pedalare insieme, io Alberto e Fabio, questa è una pedalata libera, l’organizzazione minimale ma noi tre siamo sempre presenti, è un piacere sentire di portare avanti il testimone di Paciclica. Tuffarsi nel mondo di Paciclica, oltre la pedalata, oltre la fatica, oltre il viaggio è un modo diverso di vedere le cose e le persone. Se pedali una Paciclica, il mondo cambia aspetto, esplode la sua bellezza e inizi a lottare per difenderla.
Arriviamo in Piazza Duomo, punto ufficiale della partenza e troviamo Massimo Braghini, ideatore di Paciclica e Gabriele, organizzatore di Paciclica Brescia Assisi 2014, è molto bello ritrovarsi insieme in bicicletta anche se per poco, il desiderio di esserci è la cosa più importante.

 

 

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Iniziamo la pedalata e come sempre, si lotta per uscire dalla città, parti di pista ciclabile non utilizzabile, auto parcheggiate sul tracciato, arriviamo finalmente alla Gavardina, la ciclabile che porta a Salò e le cose cambiano. La scelta del percorso è basata sulla massima percorrenza possibile su pista ciclabile, le ragioni sono ovvie, la convivenza di mezzi a motore e biciclette sulle strade aperte al traffico è ogni giorno più drammatica, le statistiche ufficiali parlano chiaro.

Eccoci a Salò, prima tappa, attendiamo il traghetto delle 11,10 che ci porterà a Malcesine, approfittiamo per uno spuntino, un’ ottima focaccia ancora calda di forno. Queste piccole pause, oltre a consentire un piccolo recupero, ci danno il tempo di fare quattro chiacchiere e fare il punto della situazione, il meteo fino ad ora asciutto peggiorerà, noi siamo pronti.

A bordo del traghetto, osserviamo sempre ammirati i panorami, i porti e quest’anno come non mai, le alte onde del lago, il traghetto a tratti sembra soffrirle e rolla fino ad arrivare a destinazione.

Da Malcesine a Torbole la pedalata richiede energia visto che siamo controvento e la fatica si fa sentire, i bagagli offrono maggiore resistenza al vento e in qualche tratto ci sbilancia, arrivano le prime gocce di pioggia, continuiamo senza problemi.

Passata l’ impegnativa salita di Mori, inizia la discesa verso Rovereto e la risalita della valle dell’ Adige, la ciclabile è bellissima e sicura, è meraviglioso pedalare in sicurezza immersi nei panorami di montagne, frutteti e paesi, senza quasi accorgercene arriviamo al bicigrill di Nomi. Questa è una sosta importante, si devono raccogliere le energie per la successiva salita del Mattarello verso Vigolo Vattaro, un ottimo panino accompagnato da una fresca birra sono ottimi per questo scopo.

fabio-tunnelDal bivio della salita del Mattarello fino alla ciclabile Claudia Augusta sono quattro chilometri di apprensione, le auto sfrecciano noncuranti della nostra fragilità, la strada bagnata e la pioggia peggiorano la nostra stabilità e solo gli autisti dei pullman e dei camion sembrano avere un occhio di riguardo per noi.

Raggiungiamo il bivio per Caldonazzo, iniziamo la discesa che percorriamo con prudenza vista la scarsità di aderenza e raggiungiamo il piccolo albergo che ci ospiterà per questa sera. il primo giorno è passato e le emozioni del viaggio iniziano a crescere dentro ognuno di noi.

A cena, abbiamo la fortuna di poter assaporare i piatti trentini cucinati con maestria dalla Signora Gilda, il piacere del pasto si aggiunge alle cose belle che si vivono in questi momenti magici. I viaggi in bici infatti creano un atteggiamento positivo e favorevole alle novità, alle persone, alle esperienze e chiudiamo con il gran finale, il Parampampoli.

E’ mattina e fuori piove, le strade sono bagnate ma partiamo immediatamente, una piccola tregua non consente alle strade di asciugarsi ma continuiamo a pedalare. Ricomincia a piovere a tratti anche in maniera intensa, i panorami di nubi si aprono in scorci di montagne imponenti, i boschi sono rigogliosi di verde ancora non interessati dall’ autunno e le nostra pedalata è sempre più energica. Passiamo da Borgo Valsugana, Primolano, saliamo in mezzo all’ antico forte e dopo il passo eccoci alla prima pausa del secondo giorno.

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Siamo in un bar sulla strada del piccolo borgo di Fastro, gli avventori ci guardano curiosi mentre la signora al banco, gentilissima, ci prepara un caffè e alcune bevande. Mi ha sempre incuriosito il nome di una via di questo paese, Via della Grande Emigrazione in Brasile, quella che tra la fine dell’ottocento ed i primi del novecento ha interessato molto intensamente quella zona e mi riporta subito alle storie che vediamo ora davanti ai nostri occhi.

Risaliamo in bici e qualche pallido raggio di sole ci illumina, sappiamo che durerà poco, procediamo verso Belluno seguendo il più possibile la ciclabile. Il percorso è meraviglioso, di campagne e vecchie cascine, borghi dimenticati e strade da percorrere, la fatica non si fa sentire forse proprio per quella bellezza che si apre a noi. Mentre sopraggiungiamo a Pedavena, Luca ci raggiunge con la sua auto giusto prima di pranzo, ci fermiamo alla mitica birreria del paese.

strada-per-pedavenaLuca ha partecipato a quasi tutte le ciclospedizioni al Vajont ma questa volta era impossibile, è riuscito però a prendere l’ auto e a seguire le nostre traccie fino in questa birreria dove ci rifocilliamo generosamente in vista della parte più impegnativa del percorso.

Feltre, Mel, Trichiana, Belluno, Ponte nelle Alpi, ci stiamo avvicinando e il meteo continua a giocare con noi costringendoci alla strana danza del metti e togli degli abiti da pioggia ma siamo ormai sotto la diga del Vajont. Iniziamo la salita timidamente, la fatica ora inizia a farsi sentire, Alberto è poco avanti a me pedalando sulla striscia che delimita la strada a destra e Fabio un tornante più sotto, esce da una curva una Ford blu che devia dalla sua corsia accelerando e puntando Alberto che smette di pedalare, a pochi metri da lui devia riportandosi in carreggiata, il “pilota” vede me e replica la mossa imbelle fiondandosi nella mia direzione, la sterzata violenta per evitarmi lo mette quasi in testacoda, poco più sotto ripete l’ operazione con Fabio. Che dire?

alberto-e-lucaRaggiungo Alberto che è scosso e tremante, il gesto del “pilota” oltre a essere pericoloso per noi senza difesa, lo è stato anche per lui che stava per perdere il controllo della vettura e piombare nel dirupo, comprendere che l’ utilizzo della vettura anche guidando prudentemente, può essere veicolo di morte è evidentemente cosa da pochi, le strade battute dai mezzi a motore sono tra i luoghi meno sicuri al modo, solo in Italia sono c.a. 4/5000 morti all’ anno senza contare i feriti a volte con invalidità permanenti.

Arriviamo a Erto, l’autorità comunale ci ha messo gentilmente a disposizione le docce del campo sportivo e una stanza nella vicina canonica per la notte, è un atto di sensibilità e generosità che ringraziamo sempre. Posiamo le biciclette e le borse per raggiungere il piazzale “Marco Paolini” per la veglia.
Eccoci sotto la diga del Vajont, salutiamo tutti i presenti: Carolina, Lucia, Mario, Roberta, Filippo, Tiziano, Bernard... Dopo una accoglienza unica, una cena in questo accampamento pieno di energia, ci ritroviamo intorno al fuoco per portare avanti tutti gli argomenti e le testimonianze: le lapidi di Fortogna, il futuro dei “Cittadini per la Memoria del Vajont”, Kobane e le donne curde, le poesie emotive. Il ricordo e la comprensione che il Vajont non è stato un caso isolato ma è una modalità con la quale persone prive di scrupoli intendono approfittare di particolari situazioni si esplica e i riferimenti si possono moltiplicare per mille altri casi dove il minimo comune denominatore è la morte della gente per il profitto di pochi. Comprendere quei meccanismi e difendersi diventa l’ unica possibiltà per non finire nella statistica delle vittime. Ne parlai a lungo con Roberta e conobbi in quella occasione anche Bernard, persona dolce, sensibile e delicata, vicina alle emozioni dei presenti, gli chiesi come mai era li con noi quella sera, mi disse che sentiva l’ importanza di quell’ evento per noi che eravamo li e  voleva partecipare, comprendere, esse vicino, fare qualcosa per chi ha sofferto così tanto.

veglia-vajont-20152È domenica, lo scorso anno partimmo la mattina presto in bicicletta per prendere il treno a Belluno ma c’ era lo sciopero dei treni della regione veneto e dovemmo rientrare a Brescia in bici in una sola giornata, fu un’ esperienza bellissima ma quest’ anno Luca era in auto e ne abbiamo approfittato per stare il più possibile con il gruppo. Dopo pranzo, sotto la diga, Tiziano e Bernard gonfiavano i 400 palloncini, Lucia e gli altri preparavano il piazzale per accogliere i partecipanti, noi di Paciclica salutammo tutti per ributtarci sulla strada e tornare alla consueta routine di tutti i giorni.

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Lunedì mattina, leggo da una mail di Roberta che Domenica pomeriggio, dopo aver lavorato tutto il giorno per la giornata sotto la diga, Tiziano e Bernard hanno avuto un incidente con il loro piccolo furgone, una grossa auto uscendo dalla carreggiata li ha centrati in pieno e Bernard è morto, Tiziano all’ ospedale. Anche gli occupanti dell’ auto sono finiti all’ospedale.
E’ qui che le mani non trovano più i tasti per scrivere, Bernard ha viaggiato dalla Costa d’Avorio fino a trovare qui persone e interessi che lo coinvolgevano, avere una famiglia, fare volontariato con le persone cui teneva come in queste giornate trascorse insieme, il mio pensiero di questo viaggio va a lui.

Ciao Bernard, mi ha fatto un grande piacere conoscerti, ti abbraccio.

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