rai fiabvajont50-2A leggere quello che i due principali giornali hanno scritto sul Vajont dopo la tappa di Erto viene quasi voglia di ringraziare il Giro d'Italia per aver portato il suo carrozzone mediatico-pubblicitario fino alla diga, fino al paese della memoria (era la prima volta) costringendolo 

a guardare in tutta la sua impressionante crudezza la scena del disastro, in 50 anni rimasta praticamente inalterata.

Il monte Toc visibilmente amputato, la sua parte mancante, la Frana, ancora là dentro il bacino a dire tutta l’acqua che spostò in un momento e poi la Diga che non doveva essere costruita, minacciosamente solida e intatta. Difficile in quel contesto parlare solo della corsa..
L'inviato del Corriere, lo scrittore Fabio Genovesi, ha scritto: "Non è possibile leggere ancora che la diga è crollata. Conosci la storia, l'hai sentita raccontare in tutti i modi, poi vieni qui e di colpo capisci che non hai capito niente... E' una botta di realtà che ti toglie il respiro". Poi va dal presidente dell'Ordine Geologi Di Grazia che sostiene che un disastro così potrebbe ripetersi "In Italia le frane sono incombenti, sono moltissime e minacciano anche grandi centri. Colpa dell'uso dissennato del territorio, dell'abusivismo, e di piani regolatori non sostenibili".
Anche l'inviato di Repubblica Eugenio Capodacqua preferisce dimenticare quasi la cronaca della tappa per dare la parola a Mauro Corona, che spesso riesce a scolpire con le parole con la stessa efficacia del suo scalpello sul legno: "La tragedia è ancora viva. Ci sono due Vajont: il primo, quello in cui si sono ammazzate le persone coscientemente e da cui la gente di qui è uscita con la ricostruzione; il secondo invece è ancora attuale e altrettanto tragico. E' il Vajont della diaspora e della dispersione. Della frantumazione di una cultura e di una civiltà che nessuno potrà mai restituire o ricostruire. E' la cancellazione di una identità che non è stata più ripresa. E questo Vajont è molto più doloroso del primo".
 
In attesa delle rievocazioni mediatiche d'obbligo per il 50°, che arriveranno in massa a ridosso della data d’ottobre, quelle poche occasionate ora dall'arrivo a Erto del Giro sono già un primo scrollone alla lunga dimenticanza. Un primo contributo a suscitare quanto meno curiosità, interrogativi, interesse sull’“argomento”. E ad abbassare, si spera, il livello di inconsapevolezza su quel che è stato e ha significato, anche per l’oggi, quel disastro.
 
Anche la Rai con le riprese aeree durante la diretta della tappa ha dato il suo contributo (perfino a far conoscere il nostro Progetto-Vajont inquadrando un cartello portato su dai valorosi soci Fiab di Belluno).
vedi la sintesi che ne abbiamo fatto, depurata delle scene della competizione:

 

  Gino Ferri, per la redazione di paciclica.i



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