L'iniziativa 1° Marzo-La Giornata senza Immigrati. 24h senza di noi, sta attirando adesioni in tutta Italia da tante associazioni vicine al mondo dell'immigrazione o ispirate semplicemente alla cultura della convivenza civile. L'idea di «dare un segnale», di creare un evento per far capire a tutti quanto la presenza degli immigrati sia ormai essenziale non solo alla nostra economia ma alla nostra stessa vita sociale, è andata subito a segno.

Dopo i fatti di Rosarno a inizio anno e di via Padova più recentemente, dove gli immigrati sono stati presentati così facilmente come unici portatori di disordine e di violenza, il rischio di una deriva xenofoba incontrollabile si è fatto più evidente e ha spinto qualcuno a tirar fuori idee nuove.
Per esempio, come succederà provocatoriamente il Primo Marzo, far sì che la loro presenza sia percepibile per assenza, se ne possa pesare l'importanza attraverso la loro astensione per un giorno, se non dal lavoro, dall'acquisto e dal consumo. E se si noteranno in giro sarà per il nastro giallo che si è pensato di indossare (dal colore della stella che marchiava gli ebrei sotto il nazismo). Più che altro è facile immaginare che si tratterà di una festa, dell'integrazione e della consapevolezza reciproca. Non tanto una giornata «senza di noi», ma piuttosto «con noi» (sono previsti incontri, dibattiti, concerti, coinvolgendo anche le scuole). Con il risultato auspicabile di un aumento di fiducia e rispetto fra italiani e stranieri, accompagnata dal pensiero che non è bello per nessuno, da una parte e dall'altra, vivere dietro muri di diffidenza e paura, premessa garantita di conflitti grandi o piccoli sempre in agguato.
Non è un caso che media-partner della Giornata sia Peace Reporter quotidiano on line affiliato a Emergency e fra i più accreditati sull'attualità politica internazionale e sulle guerre. Sulla sua home page mentre passano gli aggiornamenti sui vari conflitti in atto nel mondo rimane fisso il logo con tante facce etniche che pubblicizza il 1°Marzo. Un modo efficace per ricordarci quanto sia stretto il nesso guerra-migranti. E quanto ognuna delle 25 guerre attualmente in atto nel mondo produca macerie e miserie e quindi fuggiaschi sfollati rifugiati richiedenti asilo che poi non dovremmo sorprenderci di trovare ai nostri confini. Desiderosi solo di essere riconosciuti come esseri umani.
La consapevolezza della guerra, diretta o indiretta, come causa principale che spinge i migranti a cercare da noi una possibilità di salvezza, rientra pienamente nelle motivazioni del pacifismo. Il quale nel sostenere la pace fra i popoli deve comprendere ormai quella dentro i popoli, ad esempio fra noi e il «popolo migrante» che sta crescendo al nostro interno.
Per questa pace valgono le parole d'ordine del Seminario preparatorio della Marcia della Pace in programma sabato 27 e domenica ad Assisi: Abbiamo bisogno di un'altra cultura. Non permettiamo che violenze, egoismi, razzismi, mafie, censure, paure e guerre di ogni genere abbiano il sopravvento!
Il 1° Marzo potrebbe essere la prima tappa di un percorso di pace e di avvicinamento innanzitutto culturale fra «noi e loro» capace di sconfiggere la cultura malata che ancora vuol vedere gli immigrati come problema da estirpare anziché come ricchezza da valorizzare. Per noi Paciclici anche questo può essere simbolicamente un altro viaggio per un altro mondo possibile.

Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo., redazione di paciclica.it



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