Il gruppo ad Erto webuna vittima web












Da tempo BICI UISP Trento aveva programmato, all’interno della propria attività annuale, una tre giorni ciclistica Dobbiaco – Cadore – Longarone – Belluno – Feltre percorrendo le piste ciclabili ricavate nella sede delle vecchie ferrovie dismesse. E da tempo FIAB Trento aveva programmato di commemorare i 50 anni della strage del Vajont. Ecco quindi che stante i legami naturali esistenti fra i due sodalizi - rafforzati nell’occasione dal fatto che la nostra guida (chi scrive è un “Uispino”) era Bortolo Calligaro, Presidente di FIAB Belluno - le due iniziative si sono felicemente sposate.

A dire il vero a mia moglie, che ciclista allenata non è, io avevo “reclamizzato” la discesa da Cima Banche a Calalzo come motivo principale della “traversata”… E invece, quando ci siamo ritrovati a Longarone, quando dopo tanti anni abbiamo rivisto la diga, quando l’amico Bortolo ci ha condotti a pedalare nell’anello tracciato sulla frana del monte Toc, la pedalata nel nostro lessico familiare da “quella della discesa su Cortina d’Ampezzo” è diventata “quella della nostra seconda visita al Vajont, in occasione del cinquantenario della strage”.
Da Trento in pullman sino a Dobbiaco, indi con circa 72 km di pedalata, a Perarolo, ove abbiamo visitato il primo muso dedicato alle “chiuse” del Piave e ai “medadès”, cioè a chi, fino ai primo del ‘900 fluitava i tronchi giù per il fiume alle varie segherie (una era stata di tale Tiziano Vecellio!) e anche fino a Venezia, costruita appunto su palificazioni realizzate con legname cadorino.
Da Perarolo a Longarone, 10 km in pullman. Longarone …da dove si intravede la diga e ,dietro, parte della frana del Toc. La mattina dopo alcuni di noi, i più ardimentosi sono saliti a pedali alla diga: 5 km al 7%. Tutti gli altri in pullman. Molta la gente, auto, pullman, posti di ristoro … curiosità, compassione, memoria, condivisione, dolore … tanti sentimenti diversi per tanti visitatori diversi. Per me, cosa? Rabbia. Rabbia per una strage “programmata” e perpetrata sull’altare dell’ingiusto profitto. La Chiesa parrocchiale, quella nuova … a chi piace, a chi no … moderna .. piena di simbolismi. Io avrei mille volte preferito potere pregare nella vecchia. La nostra guida Bortolo che conduce a pedalare sull’anello realizzato nel monte (la frana) che occupa il posto del lago (!). 16 km di saliscendi qualche corta galleria, un ponte ardimentoso su di un canjon nel cui fondo riposano al fresco gli stambecchi. Ecco, io vorrei che il Vajont non diventasse solo una attrattiva turistica. La Memoria. Dobbiamo recuperare e alimentare la Memoria, perché fatti del genere non si ripetano e perché soprattutto ci insegnino ad agire e a reagire contro simili delitti.
Prima di riscendere a valle abbiamo attraversato Erto,la nuova e la vecchia. Io non ho interrogato nessun abitante, anche perché ho visto soprattutto turisti.Con uno del posto ci avevo potuto parlare invece la volta precedente, quando con Maria Teresa mi ero spinto oltre Erto,nella valle Cellina ed avevamo pranzato a Cimolais. In quella occasione ci era stato detto che lo Stato aveva offerto loro case nuove in altri paesi, “probabilmente perché spendeva meno che non risistemare le vecchie case lesionate”. Ma a loro questo esodo non andava bene, non avrebbero voluto essere sradicati dalla loro terra.
Alla fine della discesa,a Codissago,visitiamo un secondo museo dei menades, con tanto di filmati d’epoca.Da Longarone a Belluno una pedalata a 38 gradi, con sosta al Cimitero delle vittime del Vajont. Il giorno dopo, piacevole pedalate per ciclabili e boschetti fino a Lentai, guidati dall’ottimo Bortolo, con sosta e visita alla villa Dino Buzzati. Quasi un bagno nella fontana del paese, poi a Feltre, dove carichiamo tutte le bici in pullman per rientrare a Trento e chiudere il cerchio di un viaggio di tre giorni che,pur avendo attraversato paesaggi meravigliosi come quelli dolomitici,rimarrà nel nostro cuore come quello del Vajont.

Riccardo Lucatti

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